insulin

Insulino-resistenza: cosa mangiare?

L’insulino-resistenza è molto di moda ultimamente 🙄

Questo non significa che sia una cosa di poco conto, anzi. 

Il rischio è proprio quello di sminuire il problema.

Tutti ne parlano, ovviamente nella maggior parte dei casi ne parlano male, si crea molta confusione, false soluzioni, falsi malati e tutto diventa più complicato. 

E in questa confusione chi ha davvero bisogno di aiuto, di chiarezza, spesso rimane a bocca asciutta.

In questo articolo cerchiamo di capire meglio cos’è l’insulino-resistenza, quali sono le terapie e sfatiamo (come al solito) i numerosi miti che riguardano le indicazioni nutrizionali da seguire in caso di diagnosi.

COS’E’ L’INSULINO-RESISTENZA?

L’insulina è un ormone prodotto dal nostro pancreas che ha il compito (uno dei tanti) di evitare che i livelli di zucchero nel sangue si alzino troppo.

Quando mangiamo la nostra glicemia sale (più o meno velocemente a seconda del tipo di pasto che abbiamo fatto) e si attivano dei meccanismi regolatori che fanno in modo che non si alzi troppo, uno di questi è l’insulina.

L’insulina è come una chiave che apre le porte allo zucchero, che dal sangue può andare alle cellule ed essere utilizzato a scopo energetico (o, se in eccesso rispetto al nostro fabbisogno, essere trasformato in tessuto di deposito).

L’insulino-resistenza (IR) è una condizione metabolica in cui i tessuti del nostro organismo diventano meno sensibili all’insulina. Le cellule non rispondono più bene all’ormone, il glucosio fa fatica ad entrare e la glicemia nel sangue rimane più alta di quello che potrebbe essere.

IPERINSULINEMIA

Per evitare che lo zucchero si accumuli nel sangue, le cellule del pancreas iniziano a buttare fuori via via più insulina, in modo che i tessuti rispondano più prontamente alla sua presenza.

Questa iperinsulinemia compensatoria però (se prolungata) non è benefica per il nostro organismo, in quanto può essere una concausa di altre problematiche metaboliche (come l’aumento del colesterolo), è correlata ad altre manifestazioni cliniche (come l’ovaio policistico, l’ipoglicemia reattiva) ed è un campanellino d’allarme importante per il diabete di tipo 2.

Per questo l’insulino-resistenza è una condizione importante da diagnosticare, prevenire ed eventualmente curare.

L’INSULINO-RESISTENZA NON E’ UNA MALATTIA

Attenzione però: l’IR non è una malattia, ma un fattore di rischio.

Se hai avuto una diagnosi di insilino-resistenza non significa che avrai sicuramente il diabete o altre condizioni correlate.

Significa che nel tuo organismo si sta verificando una condizione che, se trascurata, potrebbe evolversi in qualcosa di più importante.

Vale quindi la pena prendersene cura.

CAUSE

Ma perché i tessuti iniziano ad essere meno sensibili all’insulina?

Partiamo con il dire che l’esatto meccanismo con cui insorge l’IR non è perfettamente noto e che sicuramente è una problematica multifattoriale (non esiste quindi un unico fattore in grado di scatenarla).

I fattori che possono favorirne lo sviluppo sono i seguenti (e quasi nessuna di queste cause da sola basta per determinarla):

  • Predisposizione genetica (persone con familiarità per diabete di tipo 2 ad esempio possono essere maggiormente predisposte)
  • Condizioni di stress cronico (alterata qualità del sonno, stress prolungato psico-fisico, patologie croniche etc.)
  • Assunzione prolungata di terapie steroidee a scopo antinfiammatorio e immunosopressivo
  • Una dieta sbilanciata 
  • La sedentarietà 
  • Sovrappeso e obesità

Questo ci deve far capire che, a tanti fattori predisponenti, corrispondono molte terapie per curare questa condizione. L’IR ha infatti bisogno di un trattamento personalizzato, la terapia non è mai costituita da un’unica soluzione valida per tuttǝ.

SINTOMI

L’IR è in grandissima parte dei casi asintomatica, almeno finché non si sviluppano condizioni più gravi associate.

Nelle donne può presentarsi in un quadro più complesso di policistosi ovarica, associandosi a disturbi del ciclo mestruale, segni di iperandrogenismo cutaneo, aumento degli androgeni nel sangue.

L’IR non è per forza associata sintomi generici come la sonnolenza, l’aumento della fame, la difficoltà di concentrazione o altri sintomi che spesso si leggono online.

O meglio, lo può essere l’ipoglicemia reattiva, una condizione che in alcuni casi si può associare all’IR.

Ma capisci bene che se leggi su internet:

“Sei sempre stanco? Hai sempre fame? Potresti essere Insulino resistente!”

Lo scopo di solito è un altro, attirare più persone possibili (chi alla fine non è sempre stanco o non ha sempre fame?) per vendere un integratore o una dieta miracolosa.

DIAGNOSI

Dato il diffondersi di falsa informazione sull’insulino-resistenza, è opportuno ricordare che la diagnosi di IR deve essere fatta dagli opportuni operatori e con gli opportuni strumenti.

Se ti interessa un approfondimento, nelle prossime righe riporterò le parole dell’endocrinologa Ilaria Messuti:

La diagnosi di IR si porta dietro notevoli difficoltà tecniche e interpretative, perché è una stima, non una misurazione diretta.

Esiste un unico test in grado di darci una risposta precisa e inequivocabile, il clamp euglicemico iperinsulinemico, che però viene usato solo a scopi sperimentali perché indaginoso e invasivo da effettuare. Questo test non si usa, ma resta il test di riferimento, a cui si cerca di avvicinarsi in termini di precisione diagnostica.

Nei decenni sono stati molti i tentativi per trovare test che dessero una stima della sensibilità insulinica tissutale con esami di più semplice esecuzione. 

I due che più comunemente vengono utilizzati sono:

  • HOMA Index: calcolo basato sulla misurazione della glicemia e dell’insulinemia a digiuno. I soggetti vengono definiti insulino-resistenti se il valore è superiore a 2,5. E’ il test più utilizzato sia in pratica clinica sia negli studi epidemiologici
  • MATSUDA Index: esame di secondo livello, si misurano glicemia e insulina a digiuno e dopo assunzione di sciroppo di glucosio da 75g. Ci fa vedere come rispondono glicemia e insulina dopo carico di zuccheri e normalmente si richiede in caso l’HOMA index risulti borderline, in quanto in condizioni di IR lieve-moderata è più preciso.

Importante: La diagnosi di IR non si può fare con la sola glicemia a digiuno.

TERAPIA

Come già chiarito nel paragrafo “cause”, l’IR ha bisogno di un trattamento personalizzato, la terapia non è mai costituita da un’unica soluzione valida per tuttǝ.

La fase diagnostica e anamnestica infatti, permetterà di identificare i fattori di rischio, le alterazioni metaboliche associate, i segni clinici, il grado di IR e sulla base di tutte questo si formulerà un’adeguata terapia che può toccare diversi campi, fra cui:

  • La rivalutazione della composizione corporea
  • L’elaborazione di una dieta personalizzata e bilanciata
  • L’analisi dello stile di vita
  • La valutazione di una terapia personalizzata (che può essere composta da farmaci e/o integratori)
  • Il supporto psicologico

Per questo nella cura dell’IR è necessario un team multidisciplinare, composto in primis da endocrinologǝ e dietista, ma che beneficerebbe sicuramente anche del supporto psicologico e della collaborazione di un professionista nel campo dello sport.

Il supporto psicologico in alcuni casi può essere davvero d’aiuto. 

Nei pazienti con IR spesso è presente un distress psicologico, che può derivare dall’aver affrontato un percorso terapeutico difficoltoso, che spesso comprende interventi dietetici restrittivi e non personalizzati che possono aver influenzato il rapporto del paziente con il cibo e il proprio corpo.

IR E COMPOSIZIONE CORPOREA

L’IR non può essere la sola e la diretta causa l’aumento di peso, ma l’aumento della massa grassa può essere uno dei fattori determinanti per la comparsa dell’IR.

Attenzione: l’IR è una condizione che non è per forza legata all’obesità e al sovrappeso, si verifica anche in condizione di normo/sottopeso.

Il tessuto adiposo però, specie quello viscerale, può giocare un ruolo importante nella sensibilità all’insulina.

In pazienti che lamentano un aumento della massa grassa dovuto sopratutto alla prolungata sedentarietà e a una dieta sbilanciata, il miglioramento della composizione corporea tramite una dieta sana e bilanciata e a un aumento dell’attività fisica può portare a un netto miglioramento dei valori dell’IR.

Per pazienti con forte sovrappeso o obesità, è opportuno ricordare che anche perdite del 5-10% del peso totale possono portare a miglioramenti del quadro clinico (non è quindi necessario farsi spaventare da chi sostiene che solo con il raggiungimento di un BMI normopeso si ottengano benefici).

Questo avviene per diversi motivi, fra questi possiamo sottolineare che: 

  • Una dieta bilanciata e personalizzata fa si che i pasti siano adeguati ai nostri fabbisogni nella maggior parte del tempo e quindi che non ci siano nutrienti in eccesso in circolo che poi l’organismo deve gestire (con l’insulina, ma anche con altri meccanismi)
  • Mangiare in modo equilibrato significa anche indurre una secrezione di insulina più adeguata ai pasti e quindi non “iperstimolare” più le cellule pancreatiche per produrne una quota maggiore (e questo è importante sia per preservare la funzionalità del pancreas, che per migliorare i livelli di infiammazione)
  • La massa grassa rappresenta, fra le altre cose, anche una barriera che l’insulina deve attraversare per “fare il suo lavoro”, se la composizione corporea migliora l’insulina in circolo riuscirà a svolgere meglio il suo compito di trasportatore dello zucchero nelle cellule

IR E ATTIVITA’ FISICA

L’attività fisica apporta sempre miglioramenti metabolici ed è di fondamentale supporto nella terapia sia per chi vuole ridurre la massa grassa in eccesso, sia per chi ha una buona composizione corporea.

L’attivazione muscolare è infatti un potente insulino-sensibilizzante.

E’ importante che l’attività fisica sia personalizzata, non esiste un allenamento specifico per l’insilino-resistenza o un attività che apporta maggiori benefici.

L’esercizio fisico più “redditizio” è solo quello che riuscirai a fare con più costanza nel tempo.

IR E ALIMENTAZIONE

Eccoci qua al capitolo più scottante 🙂

Facciamo una premessa.

Le linee guida sono concordi nel dire che l’alimentazione in caso di IR debba essere bilanciata e salutare. Non è mai stato dimostrato che l’eliminazione di specifici macronutrienti porti, nel lungo periodo, a dei vantaggi in termini di salute.

Non importa se leggerai che l’eliminazione (o la riduzione estrema) dei carboidrati porta a un miglioramento dei parametri di salute.

Interventi estremi portano sempre a dei cambiamenti, spesso i cambiamenti possono anche essere positivi se la base di partenza era un’alimentazione ipercalorica e sbilanciata in termini di zuccheri e carboidrati.

La domanda che ti devi sempre porre però è:

  • Quale alimentazione è giusta per me nel lungo periodo?
  • Sono in gradi di portare avanti la dieta (restrittiva) che sto seguendo adesso?

Come nel caso dell’attività fisica, è inutile apporre modifiche alla dieta che sono talmente eccentriche o estreme, che è evidente che non possano modificare le tue abitudini nel lungo periodo.

L’insulino-resistenza evidenzia una condizione di cui probabilmente ti dovrai prendere cura per tutta la vita, per questo è importante prendere decisioni (in campo nutrizionale e di stile di vita) che possano diventare “tue” e che possano durare nel tempo.

Analizziamo quindi insieme gli aspetti più importanti che riguardano la nutrizione in caso di IR.

APPORTO ENERGETICO

Non tutte le persone che soffrono di IR necessitano di una dieta ipocalorica.

L’IR è può essere diagnosticata anche a persone normopeso con buoni livelli di massa grassa.

In questo caso la dieta deve essere normocalorica e personalizzata.

Diversamente, in caso di necessità di abbassamento della massa grassa, la dieta sarà elaborata in base ai fabbisogni (e sempre personalizzata).

CARBOIDRATI SEMPLICI (ZUCCHERI)

Sono sicuramente i nutrienti della dieta a cui va posta una maggiore attenzione, perché hanno un effetto molto diretto sulla secrezione insulinica.

Gli zuccheri però non vanno necessariamente eliminati, neanche in caso di IR, ma vanno sempre moderati come suggerito anche dalle linee guida WHO (consumo di zuccheri consigliato dovrebbe essere sempre inferiore al 10% dei carboidrati totali assunti con l’alimentazione).

In caso di IR puoi chiederti:

  • Consumo molti dolci durante il giorno?
  • Tendo a mangiare poca pasta e pane ai pasti, ma ho un consumo frequente di alimenti che contengono zucchero a fine pasto o lontano dai pasti
  • Consumo davvero grosse quantità di frutta durante il giorno (succhi, centrifughe, etc.)

Insomma, il consumo di zuccheri va sempre moderato, in particolare modo in caso di IR.

Cerca però di capire con un professionista che consumo ne fai, in modo da individuare le indicazioni giuste in relazioni alle tue abitudini.

CARBOIDRATI COMPLESSI

Essendo i principali responsabili dei “movimenti” dell’insulina nelle prime ore postprandiali, i carboidrati sono spesso considerati i soli colpevoli dell’IR.

Ovviamente non c’è niente di più falso:

  • Una dieta troppo ricca di carboidrati, specialmente di zuccheri, rispetto ai fabbisogni è sicuramente da evitare in caso di IR. Come dovrebbe evitarla qualunque persona sulla terra.
  • Una dieta con un apporto di carboidrati bilanciato (specialmente carboidrati complessi e ricchi di fibre) e un basso apporto di zuccheri è quanto di più indicato in caso di IR

La demonizzazione dei carboidrati è data dal credere che più la glicemia dopo i pasti è bassa, più la secrezione di insulina è controllata, più i valori di IR miglioreranno.

In realtà la situazione è molto più complessa di così:

  • I picchi post-prandiali sono NORMALI, non è una gara a tenerli il più bassi possibile. L’importante è che la glicemia non si alzi troppo e/o troppo frequentemente
  • Non solo i carboidrati apportano glucosio, anche grassi e proteine diventano glucosio (a maggior ragione se non lo prendiamo dalla dieta), ma lo fanno a distanza di più di due ore (rispettivamente circa 4 ore per le proteine e 9 per i grassi) questo può portare a degli innalzamenti glicemici random nell’arco del giorno e della notte
  • Questi innalzamenti sono ovviamente diversi da persona a persona e dipendono dai pasti consumati, ma spesso in diete a ridotto apporto di carboidrati si tende a fare dei carichi di proteine e grassi importanti per alleviare la fame e questo può davvero essere controproducente
  • Senza contare il fatto che diete di questo tipo inducono spesso ad attacchi di fame  e ricerca di alimenti dolci, condizioni che possono con più facilità portare a frequenti e potenzialmente pericolosi innalzamenti glicemici 
  • In ultimo, diete sbilanciate sono spesso legate a una perdita di massa muscolare (ricordiamoci che l’attivazione muscolare è un potente insulino-sensibilizzante) e a una più generale astenia e spossatezza, nonché irritabilità, aumento dello stress e difficoltà nel dormire. Tutte condizioni che spesso si legano a un generale abbassamento del metabolismo, situazione che sicuramente non aiuta nella perdita o nel mantenimento del peso. 

Spesso chi perde peso con diete troppo sbilanciate tende a recuperarlo nel tempo “con gli interessi”, questa condizione ovviamente si traduce con un generale aumento di peso negli anni.

Condizione che aggrava l’IR, sicuramente non la migliora.

Quindi via libera ai carboidrati complessi, ovviamente in quantità che siano adeguate ai fabbisogni e ai gusti del singolo paziente (per questo è necessaria una dieta personalizzata).

Pasta, pane e qualunque altro cereale sono i pilastri della dieta mediterranea e lo devono essere anche per chi ha avuto una diagnosi di IR.

FIBRE

Le fonti di carboidrati complessi (pane, pasta etc.) devono essere sempre integrali?

Sempre no, ma se lo sono per la maggior parte del tempo meglio.

Le fibre infatti aiutano tantissimo a moderare l’innalzamento della glicemia post-prandiale e aumentano il senso di sazientà nelle ore di digiuno, quindi aiutano indirettamente a gestire eventuali picchi glicemici dati da spuntini troppo abbondanti.

Preferire gli alimenti integrali e/o inserire sempre un bel contorno di verdura nei pasti può essere davvero la mossa giusta per migliorare il controllo glicemico nelle ore successive al pasto.

In caso di IR puoi provare a chiederti:

  • Quante volte a settimana consumo alimenti integrali e quante alimenti raffinati?
  • Metto sempre il contorno di verdura a pranzo e a cena?

A seconda delle risposte, puoi porre opportune modifiche alle tue abitudini alimentari.

MA DEVO ELIMINARE LA PASTA “CLASSICA”, IL RISO E LE PATATE?

Gli alimenti non vanno mai eliminati a prescindere, è necessario equilibrare la quota di fibre nel pasto (specialmente quelle solubili della verdura), ma senza che la dieta diventi poco variegata e/o il momento del pasto diventi un problema.

Questo vale per gli alimenti raffinati (la pasta classica per intenderci) come per molti altri alimenti ritenuti responsabili di avere un indice glicemico alto.

Ma cos’è questo indice glicemico??

INDICE GLICEMICO

Avrai sentito dire che, in caso di IR, è necessario che la tua dieta contenga alimenti a basso indice glicemico.

L’indice glicemico (IG) è una misura di velocità. La velocità di quanto si alza la glicemia in seguito alla assunzione di un cibo ricco in carboidrati.

Gli alimenti definiti ad alto indice glicemico sono quelli che alzano più velocemente la glicemia, fra questi troviamo: 

  • Lo zucchero e tutti gli alimenti che lo contengono (in tutte le sue forme) in abbondanti quantità, come i dolci
  • Alimenti più “insospettabili” fra le varie categorie di carboidrati complessi. Ad esempio fra i cereali troviamo il mais e il riso, ma anche i tuberi come le patate. Fra le verdure spiccano carote e zucca. Fra la frutta la banana, l’uva, le castagne, i mandarini etc.

L’indice glicemico negli ultimi anni è sulla bocca di tutti e genera, specialmente nel trattamento dell’IR, non poche preoccupazioni.

Diciamolo una volta per tutte: in caso di IR alimenti come riso, pasta di mais, patate (tanto meno le carote) non vanno necessariamente eliminati dalla dieta.

Questo perché:

  • L’IG non tiene conto di quanto si alza la glicemia, ma solo di quanto velocemente
  • L’IG è un dato di laboratorio, non tiene conto di tutte le variabili che si presentano in un pasto nonché delle caratteristiche del singolo individuo
  • Non conta solo l’IG di un alimento, ma anche quanto se ne assume
  • Non conta solo l’IG di un alimento, ma anche con cosa lo assumi (carico glicemico)

CARICO GLICEMICO

Molto più importante dell’IG, è il carico glicemico del pasto, ovvero la capacità dell’intero pasto di modulare l’innalzamento della glicemia.

Un alimento non si mangia (quasi) mai da solo, quindi può non avere molto senso valutarlo singolarmente.

Prendiamo 80gr di riso ad esempio:

  • Se durante un pasto mangiassi solo un piatto di riso bollito la mia glicemia post-prandiale raggiungerà un determinato valore X
  • E’ probabile che questo valore X sarebbe più basso se in quello stesso piatto di riso avessi aggiunto delle verdure in padella, perché le fibre potrebbero rallentare l’assorbimento dei carboidrati
  • E’ probabile che questo valore X sarebbe ancora più basso se in quello stesso piatto di riso, oltre alle verdure in padella, avessi aggiunto un trancio di salmone al vapore, perché la presenza di proteine, grassi e fibre potrebbe aver rallentato ancora di più l’assorbimento del carboidrato
  • Per non parlare dell’effetto dello stile di vita nelle ore successive al pasto, se mi muovo (anche solo se faccio due passi) il mio consumo di zucchero sarà maggiore e questo avrà sicuramente degli effetti sulla glicemia

L’alimentazione è qualcosa di molto più complesso di un dato da laboratorio.

L’indice glicemico è qualcosa che è giusto conoscere, perché sapere che non è equilibrato mangiarsi tutti i giorni pasta con patate, polenta con banane e dolcetti è giusto.

Ma sospetto che già lo immaginavi.

Inserire nei pasti piatti completi, equilibrati e ad elevato apporto di fibre e avere uno stile di vita sano è sicuramente un’ottima strategia per migliorare i parametri dell’IR.

Molto più che applicare strane e controverse restrizioni alla tua dieta.

LA QUESTIONE FRUTTA

La frutta non va assolutamente eliminata in caso di diagnosi di IR.

E’ vero, la frutta contiene zucchero, ma anche molte fibre, sali minerali e vitamine. Questo la rende un alimento che non vale la pena paragonare con i comuni dolci.

Bisogna consumarla con buonsenso, sia in termini di frequenza nell’arco della giornata, sia in termini di quantità.

E’ vero che esistono dei frutti molto più zuccherini della media (ovvero i mandarini, l’uva, le banane, i fichi, i datteri, le castagne, i cachi), ma anche in questo caso non vale la pena eliminarli.

Cerca solo di non farne grossi e frequenti scorpacciate e inseriscili sempre nel contesto di una dieta equilibrata. In questo modo non possono essere in alcun modo dannosi per la tua salute.

Quindi si….. puoi mangiare in tranquillità la tua banana a merenda 🙂

LA QUESTIONE LEGUMI

Anche i legumi, come la frutta o le patate, vengono spesso demonizzati in caso di IR.

In realtà anche qui basta usare il buon senso.

I legumi sono una fonte di proteine vegetali e carboidrati, è vero, come è vero che contengono molte fibre.

Se sei abituato a consumare grosse quantità di legumi, magari a utilizzarli al posto della verdura, allora può essere necessario rivedere le tue abitudini.

Se invece ne consumi una quantità adeguata al tuo fabbisogno e nel contesto di una dieta bilanciata non devi preoccuparti.

LA QUESTIONE PATATE

Una volta una paziente rimase molto colpita dal fatto che le avevo inserito anche le patate nella dieta nonostante l’IR.

Come detto prima nel paragrafo dell’indice glicemico: nessun alimento deve essere eliminato in caso di IR.

Ci sono però degli alimenti a cui porre più attenzione, come ad esempio quelli ad indice glicemico più alto (come le patate).

Se però le patate vengono consumate in un’adeguata quantità e accompagnate da una buona quantità di fibre (come le verdure) non bisogna temerle! Specialmente se non le consumiamo come unica fonte di carboidrati, ma le alterniamo nella settimana con altri alimenti.

APPORTO DI GRASSI E IR

L’ipercontrollo dei carboidrati spesso rischia di tradursi in una dieta ed elevato apporto di proteine e grassi.

Come specificato nei precedenti paragrafi, in caso di IR è importante avere una dieta bilanciata nel suo complesso, senza eccessi e senza restrizioni.

Una dieta troppo ricca di grassi e proteine, specialmente in una condizione di basso apporto di carboidrati, produce comunque glucosio (solo in modalità diverse) e ha diverse controindicazioni che possono, nel tempo, peggiorare la situazione clinica.

E’ importante quindi:

  • Assicurarsi che l’apporto di grassi nella dieta sia bilanciato, in particolare che ci sia un buon apporto di grassi insaturi omega 3 e monoinsaturi
  • Evitare di consumare troppo spesso cibi ricchi di grassi saturi
  • Ridurre al massimo il consumo di cibi ricchi di grassi trans e idrogenati

OMEGA 3

La famiglia degli Omega-3 comprende:

  • Acido alfa linolenico (detto ALA): contenuto negli alimenti di origine vegetale come i derivati della soia (esempio tofu o tempeh), semi (come semi di chia, semi di lino e olio derivato) o frutta secca (in particolare nelle noci)
  • Acido docosaesanoico (DHA) e Acido eicosapentaenoico (detto EPA): contenuti principalmente nelle carni e negli oli dei pesci

Per avere un buon apporto di Omega 3 in una dieta onnivora ci si può chiedere a quanto ammonti la frequenza settimanale del pesce e se semi e frutta secca vengono consumati regolarmente.

Per avere un buon apporto di Omega 3 in una dieta vegetale vale la pena chiedersi se il consumo di derivati della soia, frutta secca, oli e semi ricchi di omega-3 è adeguato.

In questo articolo troverai un elenco dei cibi che contengono Omega-3 di origine vegetale.

GRASSI MONOINSATURI

Questi grassi sono contenuti prevalentemente nelle olive e nell’olio extra vergine oliva.

L’olio EVO dovrebbe essere la principale fonte di grassi nei nostri pasti e andrebbe usato preferibilmente (non esclusivamente) a crudo in modo da mantenere il più possibile intatte queste porzioni di grassi che sono molto sensibili alle alte temperature.

GRASSI SATURI

La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) raccomanda un consumo di grassi saturi non superiore al 10% delle calorie giornaliere.

Questo perché un apporto troppo elevato di grassi saturi è correlato a tante alterazioni metaboliche, in primis l’aumento del colesterolo.

Nell’ambito dell’IR, un consumo eccessivo di alimenti ricchi di grassi saturi può:

  • Rendere più difficile la perdita o il mantenimento del peso
  • Indurre gluconeogenesi (produzione di glucosio da fonti “alternative”, in questo caso i grassi) e quindi provocare alterazioni glicemiche a diverse ore dal pasto

Troviamo delle buone quantità di grassi saturi in:

  • Carni rosse e carni trasformate (ad esempio salsicce, wurstel etc.)
  • Formaggi (nei formaggi freschi ne troviamo una quantità minore rispetto ai formaggi stagionati)
  • Affettati (con quote maggiori nei prodotti dove la porzione di grasso è maggiore come salame etc.)
  • Grassi di origine animale (come burro, lardo, strutto etc.) e in alcuni grassi vegetali (come l’olio di palma) che oltre a essere usati come condimenti possono essere ingredienti per molti altri alimenti, quindi troviamo grassi saturi anche in tantissimi alimenti confezionati (sia dolci che salati), da forno o da pasticceria.

Questi alimenti non vanno eliminati necessariamente dalla dieta, ma è giusto chiedersi che consumo ne facciamo.

Prova a chiederti:

  • Visto che formaggi e affettati sono alimenti pratici e veloci mi capita di consumarli troppo spesso come secondo piatto nell’arco della settimana?
  • Mi capita di consumarli a fine pasto o prima del pasto come aperitivo?
  • Do’ la precedenza a formaggi/affettati meno ricchi di grassi come i formaggi freschi o affettati come tacchino/bresaola o affettato di pollo?
  • Quante volte preferisco la carne rossa alla carne bianca?
  • Quante volte mangio fuori nell’arco della settimana (condizione che solitamente si accompagna di più al consumo di carne rossa/formaggi e affettati)?
  • Quante volte sostituisco la carne con i legumi durante la settimana?
  • Che consumo di dolci faccio durante il giorno?
  • La colazione è spesso al bar o formata prevalentemente da alimenti elaborati?

Più che eliminare determinati alimenti quindi è importante analizzare la nostra settimana e moderarne il consumo, inserendoli nel contesto di una dieta equilibrata.

GRASSI TRANS E IDROGENATI

Gli acidi grassi trans sono delle molecole lipidiche che sono naturalmente contenute in alcuni alimenti (come latte e carne), ma che si trovano in grande quantità negli alimenti industriali.

I grassi trans nell’industria alimentare nascono in seguito a un processo chiamato idrogenazione, attraverso il quale i grassi vegetali di basso costo (come l’olio di palma, di cocco, etc.) vengono chimicamente “spezzati e riassemblati” tra loro sotto forma di grassi trans .

Questo processo consente di ottenere un grasso più compatto, più facilmente spalmabile, con maggiore palpabilità e con un più lungo tempo di conservazione.

I grassi trans hanno un notevole effetto sulla nostra salute (in particolare in casi di IR, perché sono spesso associati a zuccheri), vale quindi la pensa chiedersi

  • Sto assumendo troppi gelati, biscotti o stuzzichini dolci nell’arco della giornata?
  • Sto consumando troppi snack salati?
  • Quante volte consumo cibi pronti in settimana rispetto a quelli freschi?
  • Il consumo di cibi in scatola è occasionale o frequente?
  • Mi capita spesso di sostituire il pane o la pasta con altri prodotti da forno?

IN SINTESI

In caso di diagnosi di IR è importante fare una visita endocronologica e una dietistica che ti aiutino a inquadrare la terapia più adatta a te.

Nell’ambito della terapia nutrizionale ricordati che:

  • E’ importante verificare che l’apporto energetico della tua dieta sia equilibrato rispetto ai tuoi fabbisogni (nè troppo, nè troppo poco)
  • La perdita di massa grassa è consigliata laddove ci sia uno squilibrio nella composizione corporea
  • La dieta deve essere bilanciata, senza eliminazione di macronutrienti o alimenti specifici
  • L’apporto di carboidrati deve derivare prevelentemente da alimenti ricchi di fibre e carboidrati complessi
  • Il consumo di zuccheri deve essere sempre moderato
  • L’apporto dei grassi deve essere bilanciato, riduci il consumo di cibi ricchi di grassi saturi, trans e idrogenati e aumento quello di cibi ricchi di grassi insaturi
  • Il consumo di proteine deve essere proporzionale ai tuoi fabbisogni e non eccessivo
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