vegan food

12 Domande che potrebbero (o potresti) farti quando decidi di mangiare meno carne

Vediamo insieme 12 miti da sfatare sull’alimentazione vegetale che riguardano le ipotetiche “contraddizioni” che distinguerebbero la scelta di consumare meno proteine animali.

Ovvero, il manuale perfetto per una persona vegetariana, vegana, che segue una dieta plant-based o che semplicemente si interessa ai temi di sostenibilità per sopravvivere a tavola con parenti e amici o alla macchinetta del caffè con i colleghi.

Nell’articolo “12 Miti da sfatare sull’alimentazione vegetale” troverai invece un approfondimento sui miti che riguardano nello specifico l’aspetto nutrizionale della scelta vegetale.

1 “Non è un controsenso rinunciare alla carne, ma consumare dei prodotti che ne ricordano il sapore?”

La scelta di ridurre o eliminare le proteine animali dalla dieta non prende vita perché il sapore della carne (o dei prodotti animali nel suo complesso) improvvisamente non piaccia più.

I motivi della scelta possono essere legati alla sostenibilità, al benessere animale o a entrambe le cose.

Anzi, spesso chi riduce le proteine animali sacrifica (nel modo e nei tempi che ritiene più adeguati) il consumo di cibi graditi a favore di quella che ritiene una causa più grande.

Per questo non c’è assolutamente niente di male, né di contraddittorio, nel ricercare il sapore della carne in alcuni prodotti vegetali.

2 “Non è che sei un pò incoerente a rinunciare alla carne indossando un vestito di Zara?”

E’ una cosa che accade spesso, solitamente chi si sente criticato o in difetto rispetto a un comportamento più o meno virtuoso di un’altra persona ha come prima reazione quella di cercare “difetti” nel comportamento altrui.

Il fatto che la persona criticata non sia perfetta, ma abbia anch’essa dei difetti è come quasi se scagionasse chi accusa dalle sue mancanze.

E’ un comportamento umano, ma che non deve certo scoraggiare.

La perfezione non è richiesta a nessuno, tanto meno a chi cerca ogni giorno di dare il proprio contributo per una buona causa (qualunque essa sia).

Allo stesso modo ci si può porre però l’obiettivo di ricercare nel tempo sempre più coerenza nei nostri comportamenti.

L’obbiettivo è quello di migliorarsi sempre, non di renderci inattaccabili agli occhi di chi, da parte sua, non sta facendo niente per mettere in dubbio i propri comportamenti.

3 “Sai quante cose inquinano di più della carne?”

Molte cose inquinano, ma su poche cose abbiamo un controllo diretto come sul consumo di carne. Siamo noi che decidiamo ogni giorno cosa mettere nel carrello o come modificare le nostre abitudini alimentari.

Secondo una revisione globale degli studi sul tema pubblicata su Science il consumo medio di carne a persona è quasi raddoppiato negli ultimi 50 anni.

Questo ha provocato non poche conseguenze.

  • L’allevamento di animali da macello è responsabile di una quota che va da un terzo a un quarto di tutte le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica (anidride carbonica, metano, protossido di azoto)
  • I danni però non si calcolano solo in emissioni, il settore della carne colpisce sopratutto la biodiversità, perché foreste e aree incontaminate cedono il passo a terreni a uso agricolo, in cui coltivare mangimi da destinare al consumo animale
  • Tutto ciò ha un impatto anche sulle risorse idriche: quasi 1/3 del consumo d’acqua nelle attività umane è impiegato per l’allevamento di animali da carne (senza considerare le “cattive pratiche” che finiscono con l’inquinare le falde)
  • Il problema è che gli studi dimostrano come il consumo di carne non stia rallentando, ma stia invece aumentando. Se consideriamo l’aumento (evidente) della popolazione terreste le conseguenze dell’impatto ambientale non possono che peggiorare nel tempo.

E’ sicuramente vero che sono tantissime le cose/abitudini che inquinano, ma su alcune possiamo lavorare con più facilità.

Ridurre (non per forza eliminare) il consumo di carne, aumentando quello di prodotti vegetali che sono comunque buoni e fanno parte della nostra tradizione (come i legumi) è sicuramente un cambiamento più facile e più accettabile rispetto a molti altri.

3 “Sai che anche la soia inquina?”

E’ vero, le coltivazioni di soia nel mondo hanno un impatto ambientale devastante.

E’ importante però ricordare che:

  • Circa il 75% della soia che ogni anni viene coltivata nel mondo viene utilizzata per i mangimi degli animali da allevamento
  • Una piccola quota finisce in biodiesel, carburanti (stimata <5%) e oli alimentare (10-15%)
  • Rimane una quota inferiore al 10% direttamente destinata al consumo umano (bevande a base di soia, tofu, sostituti della carne etc.)

L’Italia importa ogni anno tonnellate di soia, principalmente dal Brasile, che sono utilizzati solo per nutrire gli animali da macello.

Ti consiglio di leggere questo articolo di Lifegate “Cosa c’entra la soia con la deforestazione e lo sfruttamento animale” per capire l’impatto sull’ambiente delle coltivazioni di soia.

4 “Come fai a mangiare la soia che è OGM e fa male?”

Anche la soia si porta dietro un pò di falsi miti, ovvero che i semi della soia siano geneticamente modificati (OGM) e che i fitoestrogeni della soia abbiano un qualche effetto “ormonale” sul nostro organismo.

OGM

Nel nostro paese i cibi OGM sono sotto il controllo della legislazione europea, molto più rigida in materia rispetto, ad esempio, a quello che succede negli Stati Uniti.

In Italia non esistono coltivazioni di soia OGM, basta quindi comprare soia coltivata in Italia per essere sicuri che non sia OGM.

La soia OGM non può essere coltivata, ma può comunque essere importata e la quasi totalità è utilizzata per i mangimi animali.

Fitoestrogeni

Se andiamo a revisionare pubmed (la più grande banca dati di letteratura biomedica) non esiste alcuno studio che possa validare presunti effetti negativi dei fitoestrogeni della soia sulla salute umana.

I fitoestrogeni sono molecole presenti nella soia che hanno una struttura molecolare simile agli estrogeni umani. Per molto tempo infatti si è pensato che, avendo una struttura simile, potessero comportarsi in modo simile agli ormoni nel nostro corpo.

In realtà, essendo molecole diverse e di natura vegetale, non sono in grado di simulare l’azione dei nostri ormoni perché non riescono ad attivare i recettori degli ormoni sessuali umani.

Anzi, diversi studi dimostrano che i fitoestrogeni della soia potrebbero addirittura avere un effetto “protettore” rispetto allo sviluppo di determinate patologie della sfera ginecologica.

Quindi, nell’attesa di scoprirne di più, possiamo vivere sapendo che bere un bicchiere di bevanda vegetale di soia o consumare ogni tanto il tofu non ci condanni a morte certa.

Diverse fakenews solo legate all’assunzione della soia nel contesto di specifiche patologie, ad esempio spesso in caso di endometriosi viene detto di non consumare la soia. Questa indicazione non ha in realtà alcun fondamento scientifico, come spiego nell’articolo “Dieta ed endometriosi: facciamo il punto”.

5 “Sai che se da domani diventassimo tutti diventassimo vegani o vegetariani non ci sarebbe abbastanza terra per coltivare vegetali per sfamarci tutti?”

Questo non lo sappiamo (uno studio della BBC aveva provato ad immaginarsi uno scenario simile), è uno scenario del tutto irrealistico e quindi non molto utile alla causa.

Se il cambiamento ci sarà avverrà lentamente e in questo arco di tempo è auspicabile che anche le tecnologie per rendere più sostenibili i modelli agroalimentari siano migliorate.

Quello che sappiamo però che è difficile immaginarsi una situazione peggiore di quella attuale, dove secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), il 78 per cento del territorio destinato alle attività agricole a livello globale è impiegato per l’allevamento e per la produzione di mangimi per gli animali che li abitano.

6 “Va bene ridurre la carne della grande distribuzione, ma quella che proviene dai piccoli allevamenti non è migliore?”

Anzitutto bisogna capire le motivazioni per cui una persona compie la scelta di ridurre le proteine animali.

Per una persona che ha a cuore il benessere animale, va da sé che una bestia muore comunque e/o vive una vita aspettando di diventare carne da macello sia in un grande che in un piccolo allevamento.

La prospettiva che abbia una vita “felice” o una morte veloce può, comprensibilmente, non soddisfare tutti.

Infatti, ciò che distingue l’alimentazione (e lo stile di vita) vegana è l’antispecismo, ovvero il provare ad immaginarsi un mondo dove non tutto è pensato in funzione dei bisogni dell’uomo.

In termini di sostenibilità invece, è opportuno fare questo ragionamento:

  • La quasi totalità dei polli macellati in Italia proviene da allevamenti intensivi, così come i maiali. Per i bovini è difficile trovare dei numeri chiari, ma la maggior parte delle filiere sono dichiarate “pascolo zero”
  • “Andare dal macellaio di fiducia” non è purtroppo sinonimo di scegliere una carne che provenga da allevamenti che favoriscono il benessere animale o sono attenti all’impatto ambientale. Può essere più buona, ma quello è un altro discorso
  • Nel mondo non va molto meglio, gli allevamenti di animali sono aumentati e si sono espansi negli ultimi decenni: nel 2020 sono stati allevati 33,1 miliardi di polli, il 130 per cento in più rispetto al 2000 (leggi l’articolo del post “Gli allevamenti intensivi vanno verso l’alto”)
  • I “piccoli produttori”, gli “allevamenti locali”, le “piccole macellerie” che si servono da questi ultimi, le aziende che “favoriscono il benessere animale” sono realtà che sicuramente esistono, ma sono davvero poche
  • Se da domani sparissero gli allevamenti intensivi e la domanda di prodotti animali rimanesse quella attuale, per i “piccoli produttori” sarebbe impensabile (oggi e nel futuro) soddisfare tale richiesta in modi e tempi che possano favorire il benessere animale e la sostenibilità ambientale

La scelta di acquistare solo carne da allevamenti locali o che seguono concept di allevamento più sostenibili può essere sicuramente un modo per iniziare a fare scelte più responsabili, anche perché solitamente è carne che costa (giustamente) di più quindi il ragionamento che può essere fatto è:

“Scelgo carne secondo certi criteri, che mi costa di più, impiego verosimilmente più tempo per reperirla (rispetto a riempirmi il carrello al supermercato), quindi indirettamente ne consumo un pò meno”.

E’ però opportuno:

  • Chiedersi se la carne che acquistiamo derivi davvero da filiere che promuovono il benessere animale e/o la sostenibilità ambientale (e purtroppo andare dal macellaio non garantisce questo)
  • Chiedersi cosa succederebbe se tutto il mondo all’improvviso chiedesso solo carne da allevamenti con quelle caratteristiche

E’ semplice: il sistema si incepperebbe, perché la domanda può essere soddisfatta solo sfruttando al massimo l’ambiente.

Quindi, se veramente si vuole compiere una scelta responsabile e coerente dobbiamo per forza prendere in considerazione anche l’abbassamento della domanda, oltre a filtrare la provenienza del prodotto.

L’abbassamento della domanda non prevede per forza l’eliminazione della carne dalla tua dieta se non lo desideri, ma forse iniziare a rivalutare in generale il tuo consumo di proteine animali può essere un inizio.

7 “Non ti fanno male tutti quei prodotti vegetali ultra-processati?”

Anzitutto è importante smettere di pensare che una dieta vegetale sia composta principalmente da “prodotti confezionati” (userò questo termine per comprendere una vasta gamma di prodotti già pronti al consumo che però possono avere caratteristiche molto diverse fra loro).

O meglio, può esserlo e sarebbe “sbilanciata” allo stesso modo in cui lo è una dieta onnivora di una persona che mangia molti prodotti pronti o di veloce consumo (ovvero una enorme percentuale).

Ricordiamoci che:

  • Si può condurre un’alimentazione vegetale in modo “sano” o in modo “poco sano” allo stesso modo in cui si può condurre una dieta onnivora in modo “sano” o in modo “poco sano” (la parola “sano” è un estrema semplificazione lo so, ma qui la utilizzerò solo per sintetizzare)
  • Una dieta (sia onnivora che vegetale) non è “sana” per definizione, siamo noi che la possiamo rendere equilibrata con le scelte con compiamo quotidianamente, indipendentemente dagli alimenti da cui è formata
  • Allo stesso tempo, finiamola di pensare che una dieta vegetale sia composta principalmente da hamburger vegetali e straccetti di soia 🙂 questo denota un pò di ignoranza sull’argomento
  • Una dieta vegetale ricca di prodotti “confezionati”/pronti al consumo/ricchi di sale, conservanti etc. è sconsigliata tanto quando lo sarebbe una dieta onnivora con le stesse caratteristiche
  • Allo stesso modo i “prodotti confezionati” non sono veleno (in una dieta onnivora come in quella vegetale). Esistono prodotti diversissimi fra loro sul mercato, con caratteristiche nutrizionali più o meno virtuose
  • E anche gli alimenti con delle caratteristiche nutrizionali “poco virtuose” se consumati nella giusta frequenza e inseriti nel contesto di un’alimentazione sana non compromettono sicuramente la salubrità della dieta

Se stai cercando di ridurre le proteine animali, ma non sai da che parte cominciare e vorresti dei consigli per rendere la tua dieta vegetale bilanciata puoi leggere l’articolo “Come iniziare a rendere la tua dieta più vegetale”.

8 “Ma non lo sai che anche i prodotti vegetali provengono da multinazionali?”

Non è proprio così, ad oggi (specialmente in Italia) la maggior parte dei prodotti vegetali viene da piccole e/o giovani aziende.

Ma si certo, esistono anche prodotti vegetali che derivano da grandi multinazionali ed è possibile che nel futuro siano sempre di più.

Anche in questo caso possiamo pensare di evitare di acquistare prodotti che derivano da aziende che sappiamo essere implicate nello sfruttamento ambientale.

Chiariamo una cosa però: avere a cuore una causa non deve portarti a pensare che dovrai fare attenzione a ogni dettaglio della tua dieta 24h/24.

Ridurre il consumo di proteine animali è un percorso, che ognuno compie nel modo e nei tempi che ritiene opportuni.

Quando avrai preso confidenza con una dieta più vegetale, magari scegliendo anche prodotti che derivano da multinazionali (a va bene così!), imparerai piano piano a conoscere meglio gli alimenti/i marchi/i negozi in cui acquistare con più frequenza.

Nessuno ti richiede la perfezione, solo di non perdere la voglia di informarti su quello che stai mangiando.

In questo articolo “Alle multinazionali della carne ora piace anche quella vegetale” è spiegato come molte multinazionali stanno allargando la loro offerta di mercato e questo articolo “Cosa succede se le multinazionali della carne investono in quella vegetale e sintetica” ne chiarisce le conseguenze.

9 “E il trasporto dell’avocado che arriva dall’altra parte del mondo non inquina?”

Certo, tutto inquina (anche respirare), ma non tutto inquina allo stesso modo.

Diversi studi ormai confermano che il consumo di carne in sé abbia un impatto ambientale molto peggiore dei trasporti.

Detto questo, porre attenzione alla provenienza degli alimenti che compriamo è sicuramente importante.

Si può mangiare bene e vegetale scegliendo prevalentemente prodotti che provengono dal territorio nazionale.

Non abbiamo necessariamente bisogno, ad esempio, dell’avocado che proviene dal Sud America o del tofu che arriva dall’Asia, ormai questi alimenti si producono in buona quantità anche in Italia.

10 “Tutto inquina, anche le alternative vegetali inquinano”

Vedi sopra.

Tutto inquina, ma non tutto inquina allo stesso modo.

Calcolando il consumo di terreno, di acqua, e le emissioni di ogni step produttivo i ricercatori della John Hopkins University hanno recentemente calcolato che le alternative vegetali emettono il 93% in meno di gas serraconsumano mediamente il 98% in meno di suolo e il 77% in meno di acqua rispetto ai bovini da carne. 

Per quanto riguarda polli e maiali i dati sono un po’ meno sconvolgenti, ma ugualmente rilevanti: -43% di emissioni, -77% di uso del suolo e -76% di acqua rispetto al pollame; -63% di emissioni, -82% di uso del suolo e -89% di acqua rispetto alla carne di maiale.

In questo articolo puoi approfondire l’argomento.

11 “Noi siamo carnivori, mangiamo carne da sempre, non mangiarla non sarebbe innaturale?”

Contrariamente a quanto si crede, il consumo di carne non sta calando:

  • In base al rapporto del Royal Institute of International Affairs (Chatham House, centro studi britannico, specializzato in analisi geopolitiche e delle tendenze politico-economiche globali) il consumo di carne è destinato a salire anche del 75% entro il 2050, quello dei latticini potrebbe aumentare del 65%
  • l consumo medio di carne a persona è quasi raddoppiato negli ultimi 50 anni, passando da 23 kg circa all’anno nel 1961 a 43 kg nel 2014
  • I ritmi di lavoro dell’industria della carne sono aumentati di quattro o cinque volte dal 1961
  • Il 60% dei mammiferi presenti sulla terra sono animali da allevamento

Insomma, dobbiamo fare i conti con la realtà: non c’è niente di naturale o tradizionale nel modo in cui stiamo consumando carne.

Ne stiamo semplicemente mangiando troppa, con conseguenze sull’ambiente e sulla nostra salute (è ormai evidente che un eccesso nel consumo di carne e derivati possa provocare danni alla salute).

12 “La carne è un alimento della nostra tradizione, non rischiamo di perdere la nostra identità?”

In realtà la “nostra identità” come ci piace definirla, ovvero quella “dei nostri nonni”, l’abbiamo persa proprio aumentando in modo drastico il consumo di carne.

La carne è che un alimento che un tempo veniva consumato solo in occasioni speciali, oggi è quasi il protagonista delle nostre tavole.

La Dieta Mediterranea, che caratterizza (o almeno dovrebbe) così tanto la nostra cultura alimentare nel mondo, è un modello alimentare basato soprattutto su verdure, cereali e legumi.

Nel 2016 si è svolta a Milano “Revitalizing the Mediterranean Diet”, la prima Conferenza Mondiale sulla Dieta Mediterranea. L’obiettivo era proprio quello di ridare vita e voce alla Dieta Mediterranea, che via via nel tempo sta perdendo le sue caratteristiche più identitarie, rendendola più “moderna” e adatta agli obiettivi che ci dobbiamo porre nei prossimi anni.

Ovvero riscoprire i prodotti vegetali, patrimonio della nostra tradizione.

Ecco la piramide alimentare della Dieta Mediterranea, che ha alla base i prodotti che dovrebbero essere consumati quotidianamente, ovvero i vegetali.

Più ci si sposta verso l’alto, più la frequenza di consumo consigliata di quell’alimento diminuisce.

CONCLUSIONE

Cambiare è estremamente difficile, sopratutto quando si tratta di rinunciare a dei privilegi che rendono più godibile la nostra vita.

Vale per l’alimentazione, come per l’uso dell’automobile, l’attenzione alla raccolta differenziata, lo sfruttamento dell’energia, delle risorse e così via.

Non c’è nessuno che obblighi a provare a lasciare un’impronta più leggera, è una scelta che deve partire da ognuno di noi proprio perché richiede dei sacrifici o comunque di mettere in dubbio delle abitudini che riteniamo intoccabili.

L’importante è iniziare a familiarizzare con la realtà dei fatti e smettere di credere che non si possa dare un reale contributo per migliorare la situazione♥️

Contributo che può essere diverso per ognuno di noi, c’è chi farà di più, chi farà di meno.

L’importante è fare del proprio meglio.

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