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Insulino-resistenza: cause, sintomi e terapia

In questo articolo capiamo insieme cos’è l’insulino-resistenza, quali sono le terapie opportune e sfatiamo (come al solito) qualche falso mito.

Cos’è l’insulino-resistenza?

L’insulina è un ormone prodotto dal nostro pancreas che ha il compito (uno dei tanti) di evitare che i livelli di zucchero nel sangue si alzino troppo:

  • Quando mangiamo i livelli di glucosio (glicemia) nel sangue aumentano, più o meno velocemente a seconda del tipo di pasto che abbiamo fatto (e di caratteristiche che riguardano la nostra individualità)
  • All’aumento della glicemia si attivano una serie di meccanismi regolatori nel nostro corpo, uno di questi è l’insulina
  • L’insulina è come una chiave che apre delle porte allo zucchero, che dal sangue riesce ad essere veicolato verso diversi distretti del corpo e diversi utilizzi
  • Ad esempio, dal sangue può andare alle cellule ed essere utilizzato a scopo energetico
  • Oppure, quando è in eccesso rispetto al nostro fabbisogno può essere trasformato in tessuto di deposito

L’insulino-resistenza (IR) è una condizione metabolica in cui i tessuti del nostro organismo diventano meno sensibili all’insulina. Le cellule non rispondono più bene all’ormone, il glucosio fa fatica ad entrare e rimane di più nel sangue.

  • Per evitare che lo zucchero si accumuli nel sangue, le cellule del pancreas iniziano a secernere (buttare fuori) via via più insulina, in modo che i tessuti rispondano più prontamente alla sua presenza
  • Questa condizione si chiama iperinsulinemia, che di solito compensa l’insulino-resistenza e aiuta a mantenere in equilibrio i livelli di glucosio nel sangue
  • L’iperinsulinemia compensatoria però (se prolungata nel tempo e trascurata) non è benefica per il nostro organismo, in quando può essere il preludio a un progressivo e inesorabile aumento della glicemia nel sangue

Inoltre l’ipernsulinemia può essere una concausa di altre problematiche metaboliche (come l’aumento del colesterolo) e/o correlata ad altre manifestazioni cliniche (come l’ovaio policistico, l’ipoglicemia reattiva).

Per questo l’insulino-resistenza è una condizione che vale la pena prevenire, diagnosticare, prevenire ed eventualmente curare.

L’IR non è una patologia, l’IR non è il diabete

Attenzione però: l’IR non è una malattia, ma un fattore di rischio.

Come abbiamo detto un’iperinsulinemia prolungata può essere il preludio a un progressivo aumento della glicemia nel sangue e questo è sicuramente un campanello d’allarme per lo sviluppo di dismetabolismi del glucosio, fra cui il diabete.

Ma è importante ricordare che:

  • L’insulino-resistenza non è una condizione che va trattata dal punto di vista dietetico come si tratterebbe un diabete franco
  • Avere l’insulino-resistenza non significa che avrai sicuramente una diagnosi di diabete o altre condizioni correlate in futuro
  • Avere un’insulino-resistenza significa che nel tuo organismo si sta verificando una condizione anomala che, se trascurata, potrebbe evolversi in qualcosa di più importante.

Il trattamento dell’insulino-resistenza (farmacologico/dietetico/nutraceutico) deve essere personalizzato sulla base delle condizioni cliniche individuali del paziente.

Non esistono delle indicazioni (se non quelle di buonsenso) valide per tutt* allo stesso modo, specie quando si tratta di indicazioni dietetiche che prevedono l’eliminazione o il restingimenti di specifici alimenti e/o gruppi alimentari.

Cosa causa l’IR?

Ma perché i tessuti iniziano ad essere meno sensibili all’insulina?

Partiamo con il dire che l’esatto meccanismo con cui insorge l’IR non è perfettamente noto e che sicuramente è una problematica multifattoriale (non esiste quindi un unico fattore in grado di scatenarla).

I fattori che possono favorirne lo sviluppo sono i seguenti (e quasi nessuna di queste cause da sola basta per determinarla):

  • Predisposizione genetica (persone con familiarità per diabete di tipo 2 ad esempio possono essere maggiormente predisposte)
  • Condizioni di stress cronico (alterata qualità del sonno, stress prolungato psico-fisico, patologie croniche etc.)
  • Assunzione prolungata di terapie steroidee a scopo antinfiammatorio e immunosopressivo
  • Malattie endocrinologiche (come la S. di Cushing, l’acromegalia etc.)
  • Condurre una dieta sbilanciata in modo prolungato
  • Condurre una vita sedentaria in modo prolungato
  • Aumento prolungato nel tempo dell’adiposità (aumento della percentuale di massa grassa corporea)

Questo ci deve far capire che, a tanti fattori predisponenti (e quindi non modificabili, come la predisposizione genetica), corrispondono altrettanti fattori modificabili, come la dieta e lo stile di vita.

Sintomi

L’IR è in grandissima parte dei casi asintomatica, almeno finché non si sviluppano condizioni più gravi associate.

  • Nelle donne può presentarsi in un quadro più complesso di policistosi ovarica, associandosi a disturbi del ciclo mestruale, segni di iperandrogenismo cutaneo, aumento degli androgeni nel sangue.
  • L’IR non è per forza associata sintomi generici come la sonnolenza, l’aumento della fame, la difficoltà di concentrazione o altri sintomi che spesso si leggono online (lo può essere al massimo l’ipoglicemia reattiva, una condizione che in alcuni casi si può associare all’IR)

Diagnosi

Dato il diffondersi di falsa informazione sull’insulino-resistenza, è opportuno ricordare che la diagnosi di IR non può essere fatta basandosi sui soli valori della glicemia a digiuno, deve essere fatta dagli opportuni operatori, con gli opportuni strumenti, nelle opportune sedi.

  • La diagnosi di IR si porta dietro notevoli difficoltà tecniche e interpretative, perché è una stima, non una misurazione diretta
  • Esiste un unico test in grado di darci una risposta precisa e inequivocabile, il clamp euglicemico iperinsulinemico, che però viene usato solo a scopi sperimentali perché indaginoso e invasivo da effettuare
  • Nei decenni sono stati molti i tentativi per trovare test che dessero una stima della sensibilità insulinica tissutale con esami di più semplice esecuzione. 

I due esami più semplici che comunemente vengono utilizzati nella pratica clinica sono:

  • HOMA Index: calcolo basato sulla misurazione della glicemia e dell’insulinemia a digiuno. I soggetti vengono definiti insulino-resistenti se il valore è superiore a 2,5. E’ il test più utilizzato sia in pratica clinica sia negli studi epidemiologici
  • MATSUDA Index: esame di secondo livello, si misurano glicemia e insulina a digiuno e dopo assunzione di sciroppo di glucosio da 75g. Ci fa vedere come rispondono glicemia e insulina dopo carico di zuccheri e normalmente si richiede in caso l’HOMA index risulti borderline, in quanto in condizioni di IR lieve-moderata è più preciso.

Terapia

La terapia per l’IR deve essere personalizzata sulla base delle caratteristiche individuali e delle necessità del/della paziente, comprendendo:

  • Una valutazione della storia del peso e della composizione corporea
  • L’elaborazione di una dieta personalizzata e bilanciata
  • L’analisi dello stile di vita
  • La valutazione di una specifica terapia (che può essere composta da farmaci e/o integratori)

Per questo nella cura dell’IR è necessario un team multidisciplinare, composto in primis da endocrinologǝ e dietista, ma che beneficerebbe sicuramente anche del supporto di un professionista esperto nel campo dell’esercizio fisico.

Inoltre, come ogni volta che si affronta un percorso dietetico e di cura, il supporto della psicoterapia in alcuni casi può essere davvero risolutivo.

Nei pazienti con IR spesso è presente un distress psicologico, che può derivare dall’aver affrontato un percorso terapeutico difficoltoso, che spesso comprende interventi dietetici restrittivi e non personalizzati che possono aver influenzato il rapporto del paziente con il cibo e il proprio corpo.

IR e peso corporeo

Nelle persone che riferiscono un graduale aumento, non tanto/solo del peso, quanto della percentuale di massa grassa nel corpo, è importante ricordare che il miglioramento della composizione corporea tramite una dieta bilanciata e l’aumento dell’attività fisica può portare a un netto miglioramento dell’IR.

Questo avviene per diversi motivi, fra questi possiamo sottolineare che: 

  • Le cellule del tessuto adiposo, quando esso è in eccesso, possono iniziare ad avere un aspetto diverso rispetto al normale (diventano “ipertrofiche“) e dei comportamenti anomali e potenzialmente dannosi per il nostro organismo
  • Rilasciano eccessivamente acidi grassi (FFA) in circolo, insieme a radicali liberi (ROS) e citochine pro-infiammatorie
  • Queste molecole, rilasciate in circolo, contribuiscono al disfunzionamento di altre cellule del corpo
  • FFA, ROS e citochine pro-infiammatorie entrano nelle cellule dei vari distretti causando al loro interno un “danno cellulare”, la cellula inizia pertanto a non lavorare bene
  • Fra le cose che inizia a non riuscire più a regolare con efficienza c’è la sensibilità all’insulina e il metabolismo del glucosio e con il tempo (all’aumentare e al protrarsi dello stato infiammatorio indotto dal tessuto adiposo ipertrofico) questo porta i tessuti a sviluppare una vera e propria resistenza all’insulina
  • Pertanto si verifica una condizione dove l’insulina non può gestire adeguatamente i livelli di glucosio in circolo e le cellule del pancreas, rilevando l’aumento del livello di glucosio in circolazione, rilasciano più insulina per compensare (iperinsulinemia)
  • L’iperproduttività delle cellule del pancreas, unita al protrarsi dello stato infiammatorio (che diventa “cronico”), può portare nel tempo le cellule pancreatiche a lavorare sempre in condizioni peggiori
  • Questo, unito ad altri fattori, può tradursi in un graduale aumento delle glicemie (iperglicemia a digiuno e/o intolleranza glucidica) e in alcuni casi allo sviluppo di patologie croniche annesse

Per pazienti con forte sovrappeso o obesità, è opportuno ricordare che anche perdite del 5-10% del peso totale possono portare a miglioramenti del quadro clinico (non è quindi necessario farsi spaventare da chi sostiene che solo con il raggiungimento di un BMI normopeso, o chi sa che cosa, si ottengano benefici).

Attenzione: l’IR è una condizione che non è per forza legata all’obesità e al sovrappeso, si verifica anche in condizione di normo/sottopeso.

Il tessuto adiposo però, specie quello viscerale, può giocare un ruolo importante nella sensibilità all’insulina. Quindi anche nelle persone con un peso che si considera nella norma è opportuna una valutazione della composizione corporea per individuare, ad esempio, un aumento della massa grassa negli anni sopratutto a livello addominale.

IR e attività fisica

L’attività fisica apporta sempre miglioramenti metabolici ed è di fondamentale supporto nella terapia per l’IR (sia per chi vuole ridurre la massa grassa in eccesso, sia per chi solo migliorare o mantenere la composizione corporea).

L’attività e l’esercizio fisico sono in grado di:

  • Abbassare i marker infiammatori (come interleuchina 1, interleuchina 6, proteina C reattiva) e dei radicali liberi ROS
  • Aumentare la regolazione dei processi antiossidanti fisiologici (quelli che combattono contro i ROS)
  • Aumentare la regolazione delle citochine anti-infiammatorie (come adiponectina e leptina)
  • Migliorare la sensibilità all’insulina (la contrazione muscolare aumenta l’intake di glucosio nel muscolo, quindi il glucosio in circolo si abbassa nelle 24-48 ore post attività fisica)
  • Ridurre l’adiposità (e quindi indirettamente migliorare l’attività fisica)

L’attività fisica e il calo ponderale (là dove raccomandato) diminuiscono fino al 60% l’incidenza del Diabete di tipo 2, sopratutto quando ci si “attiva” nei primi anni (2-6 anni) di comparsa dei sintomi di dismetabolismo del glucosio.

E’ importante che l’attività fisica sia personalizzata, non esiste un allenamento specifico per l’insilino-resistenza o un attività che apporta maggiori benefici.

L’esercizio fisico più “redditizio” è solo quello che riuscirai a fare con più costanza nel tempo.

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