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Vitamina D: come prevenire la carenza e quando è necessaria l’integrazione

Il 22 febbraio 2023 l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha pubblicato un aggiornamento della Nota 96 nella quale sono stati rivisti i criteri di appropriatezza della prescrizione degli integratori di vitamina D per la prevenzione dell’osteoporosi (e altre malattie).

In pratica, si è visto che l’integrazione di vitamina D, in determinate circostanze, non aiuta a prevenire l’osteoporosi o altre malattie.

Visto che la notizia ha creato un pò di scompiglio vediamo insieme cos’è la vitamina D e cosa cambia da adesso in poi.

E cerchiamo sopratutto di capire perché è importante che le cose ogni tanto cambino:

Il fatto che determinate indicazioni sanitarie possano modificarsi nel tempo (addirittura ribaltarsi) non è un segno di debolezza del metodo scientifico, anzi è fondamentale, ed è il segno che tutto funziona bene.

Perché la scienza va avanti, si arma di strumenti sempre migliori, di studi sempre più numerosi, precisi e lunghi nel tempo. Con questi presupposti negli anni vengono raccolti sempre più dati, che permettono di avere indicazioni sempre più aggiornate.

Quindi, non ti preoccupare quando tutto cambia, preoccupati quando tutto rimane fermo 🙂

CHE COS’E’ LA VITAMINA D

Quando parliamo di Vitamina D ci riferiamo a due molecole differenti, accumunate dallo stesso destino metabolico:

D3, Colecalciferolo: si sintetizza nelle cellule della nostra pelle quanto vengono stimolate dai raggi ultravioletti B (UBV), ma è anche la stessa molecola che assumiamo con la dieta dagli alimenti di origine animali

D2, Ergocalciferolo: è un pò più rara, si trova naturalmente in alcuni funghi ed è la molecola che assumiamo con la dieta dagli alimenti di origine vegetale

Entrambe le molecole vengono trasformate da fegato e reni nella sua forma attiva, il calcitriolo, che è un ormone che ha la funzione di mantenere l’omeostasi del calcio e del fosfato. 

A COSA SERVE LA VITAMINA D

La vitamina D è nota soprattutto per la sua azione nell’assorbimento di calcio e fosforo e quindi per la sua importanza nel mantenimento della salute delle ossa, ma in realtà ha un ruolo importante anche in altri processi metabolici.

E’ coinvolta nel corretto funzionamento del sistema immunitario e del funzionamento della tiroidee, influisce la crescita cellulare e aiuta a combattere i fattori pro-infiammatori.

CARENZA DI VITAMINA D

Valori troppo bassi di Vitamina D possono essere pericolosi per la salute.

Si parla di carenza di vitamina D quando i suoi valori, dosati tramite i classici esami del sangue, si attestano < 8-10 ng/mL.

COSA DEVO FARE IN CASO DI CARENZA DI VITAMINA D?

Rivolgiti allǝ tuǝ medicǝ di base (o allǝ tuǝ endocrinologǝ), ti consiglierà un integratore nel dosaggio giusto per le tue esigenze.

Ricorda: una carenza di vitamina D non si cura con la dieta.

Non ci sono alimenti che possono essere mangiati tanto da far alzare i livelli di vitamina D quando sei in uno stato di carenza.

L’alimentazione (e un altro fattore ancora più importante, che adesso vediamo) possono aiutarti a PREVENIRE la carenza, ma curarla è un’altra cosa.

In questi casi è utile integrare e controllare periodicamente i valori tramite analisi del sangue.

DOSI GIORNALIERE RACCOMANDATE

Come ci si assicura una buona scorta di vitamina D?

L’assunzione di vitamina D giornaliera raccomandata dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) è 600UI per gli adulti (15microg/die).

Valori come questi potrebbero essere ottenuti rimanendo sufficientemente esposti alla luce solare (per questo per alcuni la vitamina d potrebbe anche non essere considerata come un vero e proprio elemento dietetico essenziale) e mantenendo un’alimentazione bilanciata e variegata.

Si pensa che circa l’80-90% del fabbisogno di Vitamina D sia ad oggi totalmente coperto con una normale esposizione al sole.

Tuttavia, l’evoluzione della nostra specie (sopratutto del lavoro negli ultimi decenni) ci ha reso forse un pò più esposti ad eventuali carenze dato che ormai passiamo al chiuso gran parte delle nostre giornate

Una carenza di esposizione al sole, unito a una dieta che spesso non è bilanciata può favorire la carenza vitaminica in persone più soggette.

Per questo può valere la pena conoscere le fonti alimentari di vitamina D, ricordarci quanto è importante fare un pò di attività all’aria aperta (anche solo qualche camminata), ed effettuare dei controlli periodici dei livelli di Vitamina D con gli esami del sangue (sopratutto se siamo soggetti più a rischio).

CHI SONO I SOGGETTI PIU’ A RISCHIO DI CARENZA?

Dei controlli periodici dei livelli di vitamina D sono consigliati in presenza di fattori di rischio come:

  • L’età avanzata
  • Il fumo di sigaretta
  • Patologie da malassorbimento intestinale (come la celiachia)
  • Insufficienza renale o epatica
  • Iperparatiroidismo,
  • Chi soffre (o ha una familiarità) per osteoporosi o altre patologie che coinvolgono il metabolismo del calcio.

Un controllo dei valori di vitamina D è raccomandato anche nelle donne in gravidanza o in allattamento, in chi segue una dieta vegetale, in chi ha effettuato interventi chirurgici che coinvolgono il tratto gastro-intestinale o in chi assume specifici farmaci (come ipocolesterolemizzanti, antiepilettici, glucocorticoidi etc.).

ALIMENTI CHE CONTENGONO VITAMINA D

La vitamina D non si trova in moltissimi alimenti e questo non dovrebbe essere un grosso problema dato che la quasi totalità del fabbisogno dovrebbe essere garantito dalla luce solare.

Gli alimenti di uso comune che contengono la quota maggiore di vitamina D sono:

  • Il pesce, in particolare modo quelli grassi come il salmone, il tonno e soprattutto gli appartenenti alla categoria del pesce azzurro (ad esempio sgombro, aringa etc)
  • Il tuorlo d’uovo

Per questo in una dieta onnivora vale la pane avere una buona alternanza fra le fonti proteiche, evitando di consumare troppa carne e introducendo regolarmente anche il pesce e le uova.

Altri alimenti che contengono vitamina D sono cibi che non andrebbero consumati in una frequenza troppo elevata, come le frattaglie o i latticini più grassi (come il burro). O alimenti che difficilmente riusciremo a introdurre con regolarità nella nostra dieta, come l’olio di fegato di merluzzo 🙂

I latticini magri, come latte, yogurt o formaggi freschi ne contengono una quantità piccola (a meno che non sia integrata nei prodotti stessi).

VITAMINA D E DIETA VEGETALE

La vitamina D non è presente negli alimenti di origine vegetale (ad eccezione dei funghi e degli alimenti fortificati, come alcune bevande a base di soia).

Questo dovrebbe farti preoccupare se stai seguendo una dieta vegetale?

In realtà no, perché negli anni si è visto che il rischio di ipovitaminosi D nelle popolazione non aumenta particolarmente in caso di dieta vegetale.

Questo perché l’esposizione solare gioca davvero il ruolo maggiore nella determinazione dei livelli di vitamina D.

Se stai seguendo una dieta vegetale assicurati solo di controllare periodicamente i livelli di Vitamina D nelle analisi del sangue in modo da intervenire in caso di carenza (la frequenza delle analisi del sangue puoi stabilirla insieme allǝ tuǝ medicǝ di base o allǝ tuǝ endocrinologǝ).

Qui puoi trovare delle indicazioni sulla scelta di integratori con ingredienti 100% vegetali.

CHE COSA HA CAMBIATO ALLORA L’AIFA?

Per capirlo dobbiamo definire la differenza fra “carenza” di vitamina D e “livelli insufficienti” di vitamina D.

Non c’è dubbio che la carenza di vitamina D possa essere pericolosa per la salute e infatti in caso di carenza è necessario procedere con un integrazione.

I dubbi sono nati sulla condizione di “insufficienza” di vitamina D, ovvero uno stato intermedio fra la carenza e uno stato di vitamina D che si può definire “normale”.

Per molto tempo si è pensato che anche valori di vitamina D compresi fra 10 e 30 ng/mL meritavano di essere monitorati e potevano essere fonti di problemi per la salute se non corretti.

Si pensava che un integrazione di vitamina D in condizioni di insufficienza potesse comunque prevenire l’osteoporosi e anche altre patologie cardiovascolari o il diabete.

A seguito di queste supposizioni, l’acquisto degli integratori di vitamina D è schizzato negli anni, registrando dei veri e propri record (sopratutto negli Stati Uniti).

LA RICERCA NEGLI ANNI

Per questo in tutti questi anni diversi gruppi di ricerca hanno indagato l’efficacia dell’integrazione di vitamina D in pazienti “non carenti”, verificandone poi gli effetti nel lungo periodo.

  • Nel gennaio del 2019 sono stati pubblicati sul New England Journal i risultati del più grande studio fatto sull’integrazione di vitamina D (trials clinici su 26.000 persone seguite per 5 anni). Il risultato è che non si sono viste sostanziali differenze fra la popolazione a cui era stata data un integrazione di vitamina D e quella a cui era stato somministrato un placebo (un “finto” farmaco) né nella prevenzione di tumori, né nella prevenzione del rischio cardiovascolare.
  • Nel giugno 2019 è uscito un altro studio che riguardava nello specifico il diabete e anche in questo caso non si mostravano differenze sostanziali fra i gruppi di popolazione.

LA NOTA 96

Nel 2019, in seguito alla pubblicazione di questi studi, l’AIFA pubblicò la famosa Nota 96, un documento che attestava che il sistema sanitario nazionale avrebbe rimborsato l’integrazione di vitamina D solo alle persone che avevano valori <20 ng/mL (e non più 30 ng/mL, perché non c’era alcuna evidenza di benefici dall’integrazione per persone che avevano valori di vitamina D più alti di 20 ng/mL).

Da allora però le vendite di integratori di vitamina D non sono scese, anche grazie alla cattiva informazione che c’è stata nel periodo della pandemia sul legame fra assunzione di vitamina D e abbassamento del rischio di contagio da Covid19.

  • Nel frattempo però sono usciti altri studi importanti, pubblicati nel 2020 e 2022, ed è in relazione a questi che la scorsa settimana l’AIFA ha abbassato ulteriormente la soglia di Vitamina D che si può ritenere “meritevole” di integrazione.
  • Si è inoltre scoperto che uno dei maggiori sostenitori dell’integrazione di vitamina D, un medico americano, aveva un attimo le mani in pasta con aziende di integratori e… aziende produttrici di lettici abbronzanti (senti la storia nella puntata di “Ci vuole una scienza” è molto divertente)

Questo ha permesso all’AIFA di dare nuove direttive e stabilire che il sistema sanitario nazionale rimborserà l’integrazione di vitamina D solo alle persone che hanno valori <12 ng/mL (e non più 20 ng/mL).

Questo perché non è stato dimostrato alcun effetto preventivo nei confronti dell’osteoporosi (o altre patologie) attraverso l’integrazione di vitamina D in soggetti sani che presentassero valori sopra la soglia del 12 ng/mL.

E IO?

Questo significa per PER TUTTI indistintamente un integrazione di vitamina D con soglie non vicine alla carenza potrebbe essere inutile?

No, perché siamo tutti diversi e ogni caso va valutato a sé.

Sarà il medico a decidere in base alla tua salute, alla tua storia clinica, alla tua familiarità se nel tuo caso un integrazione può essere o no opportuna.

Queste indicazioni servono sopratutto ad evitare un abuso di alcuni integratori nella popolazione sana e ad abbattere la convinzione che facendo scorta di vitamine (in questo caso la D) ci possa essere in effetti un qualche beneficio per la salute.

Per dare un’idea, negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti i test per la rilevazione della vitamina D sono cresciuti del 500% e le persone acquistano 9 volte più integratori di vitamina D.

In Italia ad oggi viene venduto circa il doppio degli integratori di vitamina D rispetto al 2013.

Insomma, c’è una certa FRENESIA sull’argomento e bisogna cercare di non creare false malattie o false credenze.

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